Filippo Lippi, quel giovane elegante
Roma. Dal 17 novembre al 18 febbraio Palazzo Barberini propone «Altro Rinascimento: il giovane Filippo Lippi e la Madonna di Tarquinia» (catalogo Officina Libraria), un affondo molto preciso sulla prima produzione del frate fiorentino (Firenze, 1406-Spoleto, 1469) che fu uno dei padri della pittura moderna. A curarla un conoscitore del pittore, Enrico Parlato, docente all’Università di Viterbo ed esperto di Quattrocento romano, antiquaria e riscoperta dell’antico. La mostra celebra il centenario della riscoperta della tavola del Lippi, ritrovata da Pietro Toesca a Santa Maria di Valverde di Corneto, nome medievale di Tarquinia, nel 1917. Attorno alla tavola del 1437, datata nel cartiglio alla base del trono e che rappresenta uno dei pochi punti fermi del suo catalogo, si costruisce la mostra, piccola ma ben curata, che illustra gli anni in cui, tra l’influenza di due giganti come Masaccio e Donatello, fra Filippo si inventò uno stile elegante e molto personale. Con Madonne di rara bellezza e sensualità di linea e di incarnato, che negli anni Sessanta del Quattrocento influenzeranno il suo allievo Sandro Botticelli, non esente dalla passione del maestro per l’altro sesso. Scrive il Vasari: «dicasi ch’era tanto venereo, che vedendo donne che gli piacessero, se le poteva avere, ogni sua facultà donato le arebbe; e non potendo, per via di mezzi, ritraendole in pittura, coi ragionamenti la fiamma del suo amore intiepidiva».Tre le sezioni: la prima con i documenti originali dell’Archivio Centrale dello Stato relativi al riconoscimento del capolavoro da parte di Toesca; la seconda incentrata sulla figura del committente, l’animoso e astuto (così lo definì il Machiavelli) cardinale e condottiero Giovanni Vitelleschi, con un reliquario e una tavola di Bartolomeo di Tommaso; la terza dedicata al pittore con una manciata di capolavori: la «Madonna di Tarquinia» a confronto con altre tavole del Lippi, le due Annunciazioni di Palazzo Barberini e della Frick Collection, la «Vergine col Bambino, san Giovanni Battista e san Gregorio» del Fitzwilliam Museum di Cambridge, la «Madonna in trono tra angeli e santi» da Empoli e un «Santo Carmelitano» da Berlino, di cui Enrico Parlato sposa l’attribuzione, oltre allo «Spiritello portacero» di Donatello del Musée Jacquemart-André di Parigi (la vicinanza al Gesù bambino della «Madonna di Tarquinia» è evidente) e il «San Paolo» di Masaccio da Pisa. Tra le novità la scoperta, che qui si documenta, dell’originalità della cornice. ...